L’immaginazione
al potere
di Giorgio Lagomarsino
Immaginiamoci
di avere un foglio nero davanti a noi.
Immaginiamoci
di poterlo riempire: a differenza che su una superficie chiara non si tratta semplicemente
di riempire uno spazio vuoto ma di
trarre dal buio la luce, di far emergere dall’oscurità forme e colori.
Così
opera Marco Manzella nei suoi ultimissimi lavori su carta. Se i disegni
americani a penna nascono come raffinatissimi appunti di viaggio, poi raccolti
nel catalogo Drawings del 2003, ora
la personalità creatrice dell’artista ha deciso di lasciarsi andare a campiture
e gesti più liberi ed immediati che plasmano cromaticamente la realtà. Veri i paesaggi,
veri i luoghi ed i riferimenti, vere le persone, ma il tutto viene rigenerato attraverso
una scelta di colore piuttosto inusuale per l’artista, accostamenti azzardati
che quasi sfalsano le proporzioni tra lo sfondo ed i protagonisti.
Se
qualcuno aveva giudicato lo stile di Manzella rivolto al passato nei disegni non
può non notare la sua vicinanza con la cultura figurativa più recente, quella dell’illustrazione,
del fumetto e del cartone animato. Come nelle migliori autori (si pensi a
Tullio Pericoli, Lorenzo Mattotti, Guido Pigni o a Sylvain Chomet regista di Appuntamento a Belleville e L’illusionista), Manzella sa riempire di
poesia i luoghi e cogliere l’ironia delle situazioni. E non è un caso che uno
dei dipinti del Novecento che l’artista ha più a cuore sia il gattone che
mangia seduto al tavolo dipinto da Balthus per il ristorante La Mediterranée.
Tutti
i disegni di luoghi sono frutto di viaggi e visite dei posti ritratti. Come nel
2002 l’esperienza del soggiorno statunitense fu determinante nella svolta degli
esterni urbani dei sui dipinti, ancor oggi il viaggio è per lui sia uno stimolo
visivo – le rocce colorate di Creta – che un impegno professionale nell’interpretare
la persona in contesti molto diversi – il turista corpulento che scatta
fotografie, chi attende l’inizio del Palio o la folla nel centro di Dublino, ad
esempio. Chi conosce quei posti si ritrova sempre nei disegni di Marco Manzella.
Ma
bisogna ritornare all’inizio, alla scelta della base scura dei suoi
coloratissimi pastelli. Manzella non solo disegna ma plasma la luce, dato che
il buio è assenza di colore, e sceglie cosa far emergere dalle ombre, dettagli
e momenti che diventano protagonisti assoluti di un luogo.
“E luce fu”.
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